Quante volte ho ammirato il pizzo Calino (3024 metri) dalle altre montagne, quante volte mi sono chiesto se fosse possibile conquistare la vetta di quella piramide. Il pizzo Calino costudisce una particolarità che lo rende unico di fronte alle altre vette della catena alpina: la sua cima infatti è una distesa di sfasciumi con una superficie valutabile in duemila metri quadrati, talvolta ricoperta di neve fino a stagione inoltrata. L'alpinista che ne conquista la cima può godere di un superbo panorama a trecentosessanta gradi. Dal bivacco dell'alpe Mortirolo (2156 metri) si risalgono i pascoli costeggiando il versante nord, che ci divide con il bacino di Aiada. Ignorata la deviazione (2370 metri) che, tramite corde fisse prima e lungo sentiero poi, raggiunge l'alpe Aiada (1949 metri) si risalgono le gande senza percorso obligato in direzione ovest sud ovest. Aggirata una formazione rocciosa si punta decisi verso nord ovest. Giunti ai piedi dell'immensa piramide si presentano due alternative: risalire un canalino alla nostra sinistra, oppure proseguire per una valletta detritica. Entrambe le possibilità ci portano sulla cresta nord del pizzo Calino, che divide il bacino del Mortirolo con il bacino di Aiada. Ora non resta che salire, tenendosi sullo spartiacque dalla parte del Mortirolo per giungere, tramite la via considerata normale, l'ampio testone del pizzo Calino. L'arrivo è segnalato da un piccolo ometto che ci aiuterà a trovare la giusta via di discesa. Spostandosi agevolmente verso est si raggiunge l'enorme gendarme che costudusce il piccolo diario di vetta. Se la vista dal Calino è affascinante, lo è ancora di più la sua cima tanto da farci passare la voglia di discenderla.